IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA (IPB)

Definizione
L'Ipertrofia prostatica (o più correttamente iperplasia prostatica) è un processo proliferativo benigno a carico delle cellule che costituiscono la prostata, sia appartenenti alla componente epiteliale sia a quella fibromuscolare, che porta alla formazione dell'adenoma prostatico. L'incidenza tra gli uomini è superiore all'80% ed aumenta con l'aumentare dall'età, partendo dai 40 anni, sia per alterazioni ormonali parafisiologiche, sia per fattori esterni e dietetici. Il tessuto interessato da questo processo è quello centrale della prostata, soprattutto quello presente intorno all'uretra (periuretrale), potendo quindi causare un restringimento più o meno grave del lume uretrale, rendendo difficoltoso lo svuotamento vescicale. Circa un paziente su due oltre i 65 anni lamenta sintomi dovuti all'ipertrofia prostatica.
I LUTS, ovvero i segni e sintomi della prostata ingrandita
I sintomi tipicamente lamentati dal paziente affetto da ipertrofia prostatica sono di tipo ostruttivo, in inglese indicati con l'acronimo LUTS (Lower Urinay Tract Symptoms, ovvero “Sintomi del basso apparato urinario”). Flusso dell'urina ridotto (mitto ipovalido), necessità di alzarsi frequentemente la notte per urinare (nicturia), urinare frequentemente durante il giorno (pollachiuria), stimolo urgente e incontrollabile ad urinare (urgenza minzionale), senso di incompleto svuotamento vescicale, difficoltà nell'iniziare a urinare, sgocciolamento al termine della minzione sono tutti classici sintomi dell'ipertrofia prostatica. Nei casi più gravi il paziente può andare incontro ad improvviso blocco urinario (ritenzione acuta di urina) per l'effetto ostruttivo della prostata ingrandita, che rappresenta una urgenza urologica e richiede il posizionamento di un catetere vescicale. Nelle fasi iniziali, la vescica riesce a compensare con un aumento della contrattilità l'ostruzione causata dalla prostata, ma col progredire del tempo la sua capacità di far fronte al restringimento del lume diminuisce, causando la permanenza di una quota di urine all'interno della vescica stessa dopo ogni minzione (residuo post minzionale) che può favorire la proliferazione batterica e dunque l'insorgenza di infezioni, la formazione di calcoli vescicali e nei casi più gravi (ritenzione urinaria cronica) stasi delle vie urinarie (idroureteronefrosi) con conseguente danno renale ed insorgenza di insufficienza renale.
Il decorso della patologia è quindi progressivo, con un peggioramento dei sintomi in relazione all'ingrandimento nel tempo della ghiandola prostatica. È però importante sottolineare che non esiste una correlazione diretta tra la dimensione della prostata e l'intensità dei sintomi: esistono prostate di dimensioni ragguardevoli che danno pochi o addirittura nessun fastidio al paziente ed esistono prostate solo lievemente ingrandite che però causano sintomi moderato-severi in altri pazienti.
La diagnosi dell’ipertrofia prostatica: visita, PSA, ecografia, esame delle urine ed accertamenti di II livello
La diagnosi di un ingrandimento della prostata nasce inizialmente dai sintomi lamentati dal paziente. Il primo step in assoluto è la visita Urologica, con una accurata anamnesi volta a coprire anche eventuali altre patologie di cui soffre il paziente e con un attento esame obiettivo. L'esplorazione rettale (EDAR) consente di palpare direttamente la prostata così da valutarne dimensioni, consistenza, margini ed eventuali aree sospette per patologie tumorali (es. noduli rilevati, aree dure alla palpazione). Insieme alla visita Urologica sono molto utili all'Urologo per porre una corretta diagnosi altri esami.
Il PSA (antigene prostatico specifico) è una molecola naturalmente prodotta dalla prostata e misurabile con un semplice prelievo di sangue: un suo valore leggermente aumentato è spesso presente nei pazienti con prostate aumentate di dimensioni, ma richiede contestualmente altri esami per escludere la presenza di un tumore prostatico, anch'esso causa di valori elevati di PSA. L'esame delle urine con eventuale urinocoltura è utilizzato per evidenziare la presenza di concomitanti processi infiammatori/infettivi a carico dell'apparato urinario e ad impostare una eventuale terapia antibiotica mirata nei confronti del germe isolato.
L'ecografia prostatica fornisce dati oggettivi sulle dimensioni della prostata e dell'eventuale adenoma. Con l'ecografia sovrapubica invece, che sfrutta una sonda ecografica da appoggiare sopra la zona della vescica, si possono misurare i diametri prostatici per avere una buona idea iniziale circa il volume della ghiandola, oltre a valutare il residuo post-minzionale, ovvero il quantitativo di urina che rimane all'interno della vescica dopo aver urinato, che risulta essere nullo nel soggetto sano e di dimensioni anche ragguardevoli nei pazienti con ostruzione al flusso. Spesso contestualmente all'ecografia sovrapubica si esegue un'ecografia renale, al fine di escludere una eventuale dilatazione dei reni (detta idronefrosi) secondaria ad ostruzione. In un secondo momento può essere utile eseguire una ecografia prostatica transrettale che permette, con l’utilizzo di una sonda ecografica rettale, di misurare precisamente le dimensioni della prostata e dell'eventuale adenoma, di studiare i rapporti della prostata con gli organi vicini e di evidenziare eventuali aree sospette per patologia tumorale meritevoli di ulteriori approfondimenti. 
L'uroflussometria (esame in cui viene richiesto al paziente di urinare all'interno di un apparecchio apposito) e l'esame urodinamico (esame che si avvale di alcune sonde per registrare le varie fasi della minzione) consentono di valutare la durata della minzione, la qualità e l'entità del flusso di urina ed il comportamento dell'apparato urinario durante la minzione. Infine in alcuni casi può essere utile la compilazione di un diario minzionale, che consiste nell’annotare gli orari delle minzioni, il volume di urina prodotto, l’intensità dello stimolo ad urinare e l’introito di liquidi giornaliero.
I farmaci per il trattamento dei LUTS ostruttivi
Esistono diversi tipi di terapie che hanno come obiettivo l'aumento del flusso urinario e la conseguente riduzione dei sintomi, migliorando la qualità di vita del paziente e scongiurando le complicanze più gravi, come le ritenzioni urinarie acute, la necessità di mantenere un catetere vescicale a permanenza e, in casi estremi, l'insufficienza renale. I primi step consistono nei cambiamenti dello stile di vita e della dieta, così come l'utilizzo di integratori fitoterapici (es. a base di Serenoa Repens) capaci di ridurre la flogosi a livello prostatico e quindi i sintomi. I farmaci utilizzati per l'ipertrofia prostatica sono in primis gli alfa-litici (Tamsulosina, Alfuzosina, Silodosina, ecc.), che agiscono riducendo il tono della muscolatura dello sfintere vescicale esterno favorendo quindi il flusso urinario, e in seconda linea gli inibitori della 5a-reduttasi (Finasteride, Dutasteride), che agendo sulla regolazione ormonale della prostata sono capaci di ridurne le dimensioni. Qualora le terapie farmacologiche non siano in grado di gestire i sintomi del paziente, risulta necessario procedere chirurgicamente.
Il trattamento chirurgico per l'Ipertrofia Prostatica
L'intervento standard per il trattamento dell'ipertrofia prostatica è la Resezione Trans-Uretrale della Prostata (abbreviato in TURP), soprattutto per le prostate di dimensioni minori. Per le prostate di notevoli dimensioni presso la nostra Unità Operativa è possibile sottoporsi ad intervento a cielo aperto che prende il nome di Adenomectomia Prostatica Trans-Vescicale (abbreviato in APTV). In entrambi i casi, i campioni di tessuto prostatico ottenuto verranno inviati in Anatomia Patologica per lo studio istopatologico.